venerdì 28 maggio 2010

in rosa

Non ero mai salito sullo Zoncolan appositamente per assistere all'arrivo d'una tappa del Giro. Arrivarci pedalando, indifferentemente dal mezzo utilizzato, è sempre una grande soddisfazione, ma stavolta andava prefigurandosi qualcosa al limite dell'eroico. In sostanza si trattava "solo" di mettere la sveglia ad orari in cui nemmeno i galli osano cantare, alzarsi al volo come una recluta in caserma e preparare tutto alla velocità della luce, oltre che con precisione chirurgica, per non rischiare di perdere un solo minuto; poi, andavano messe in conto altre "inezie" come il viaggio da quasi un'ora e mezza, durante il quale rimuginavo spesso in silenzio sul peso dei nostri zaini, rapportandolo con inquietudine alle caratteristiche della salita che ci attendeva una volta giunti a destinazione, in quel di Villa Santina. Elisabetta pareva aver portato con sè l'occorrente per un reggimento, così non ho potuto fare a meno di prenderla affettuosamente in giro: la tasca di Eta-Betta, come l'ho battezzata, era davvero gonfia fino a scoppiare, ma la nostra determinazione a realizzare l'impresa non veniva certo meno di fronte a simili dettagli.
Inoltre, essendo tale iniziativa da lei partita, potevo ritenermi al sicuro dalle inevitabili giaculatorie che sarebbero state proferite con l'arrivo del tratto più duro (che in Carnia non manca mai).
La salita, organizzata dal Carnia Bike e riservata alle sole MTB, prevedeva fortunatamente una certa elasticità negli orari ed era ben segnalata e presidiata. Il cielo però sembrava un rompicapo degno d'una rivista di enigmistica, al punto da invitare il sottoscritto a pregare più volte nel tentativo di scongiurare il rischio piogge, che pareva davvero tangibile. Tralascio la descrizione della salita, interrotta solo dalla provvidenziale sosta a malga Meleit, oasi nella quale un meritato pasta party ha accolto i bikers stremati dalle micidiali rampe appena lasciate alle spalle, e vado subito al punto: a sella Zoncolan abbiamo trovato una realtà entusiasticamente movimentata, in cui ritagliarsi un angolino non è stato però così semplice; per muoversi dovevamo districarci tra arbusti di ontano, transenne, gazebi, corridoi stretti perennemente intasati da fiumi umani, bici posizionate ovunque nelle posizioni più assurde (oltre che in precario equilibrio) e gente distribuita come tasselli di un puzzle sui ripidi pendii, alla frenetica ricerca di un metro quadrato ove poter posare finalmente il sedere (meglio ancora se in prossimità dei maxischermi appositamente predisposti per l'occasione, tra l'altro quasi inutili visto il continuo frastuono provocato dall'emittente radiofonica di turno). Tutto questo mentre il Kaiser, come viene chiamato affettuosamente lo Zoncolan, osservava in silenzio nell'attesa di ricevere l'inevitabile tributo in sudore e fatica, del quale noi avremmo goduto solo i ripidi tornanti finali sopra malga Pozof.
Nell'attesa ingannavamo il tempo come meglio potevamo, non mancando di notare le fatiche conclusive di molti ciclisti appassionati provenienti da Ovaro. Mentre i maxischermi documentavano la tappa in tempo reale, un'autentica ovazione veniva riservata ad alcuni bambini, freschi domatori del Kaiser in sella alla bici, come se fossero i veri vincitori (ma forse lo sono stati davvero). La cornice alpina circostante variava come un caleidoscopio, risentendo della lotta che andava consumandosi in cielo tra sole e nuvole; con il trascorrere delle ore il rischio di precipitazioni sembrava diminuire, nonostante non osassi certo aprire bocca per farlo presente.
Con l'arrivo del gruppo ad Ovaro l'atmosfera si è fatta frizzante e pregna d'aspettativa; gli elicotteri vorticavano sopra le nostre teste, ma il loro rumore nulla ha potuto in occasione del boato dei tifosi, seguito allo scatto vincente di Ivan Basso. Il momento in cui il suo rivale ha iniziato vistosamente a perdere terreno ha rappresentato il clou, ma noi eravamo troppo in alto per poterlo vedere. L'arrivo degli atleti al traguardo ha però ripagato delle fatiche fatte. Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo dire di essere stati protagonisti. La conclusione della tappa ci ha riservato un'altra piccola odissea, prima che potessimo riprendere la strada del ritorno. Il Kaiser nel frattempo restava in silenzio, nonostante avesse potuto legittimamente obiettare sulle condizioni in cui i suoi prati venivano lasciati; il prestigioso titolo di Re delle salite europee non lo ha salvato dall'invasione della "civiltà", ma la magia del Giro è riuscita ancora una volta ad animare la Carnia, spennellando di rosa queste vallate tranquille, in cui il tempo pare essersi fermato.

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